se guardi la drum’n’bass dal punto di vista di ciò che potrebbe essere ti accorgi che è un suono potenzialmente ribelle proprio come lo sono stati in precedenza il dub e l’anarcopunk / il drum’n’bass potrebbe essere un elemento di rottura / una grossa carica antagonista e creativa
se invece guardi la drum’n’bass dal punto di vista di ciò che è di fatto ti accorgi che è solo alla stregua dell’ennesima musica commerciale / quasi tutti i promoter-dj-producer che spingono la drum’n’bass ne sacrificano il potenziale sovversivo: al posto di utilizzare l’enorme energia di questa musica per farne un potente veicolo di controinformazione preferiscono svilirla in un prodotto d’intrattenimento fine a se stesso / dall’inghilterra il dj supertsar di turno suona al locale commerciale magari ex-centro sociale e la storia finisce lì / drum’€’ba$$ show business / drum’n’bass come prodotto commerciale per consumatori passivi / ma forse un giorno i tempi saranno maturi per l’anarco drum‘n’bass..
Drum’n’bass è energia pura e per questo motivo potrebbe certamente diventare adrenalina da trasformare in CULTURA RIBELLE, carburante di idee propulsive e sedizione a nastro. Ma indubbiamente il drum’n’bass non è un genere musicale nato sotto questo segno.
l’ANARCO-PUNK di fine anni ’70/inizio ’80 segnò una linea di demarcazione netta tra cos’era il punk degli inizi (un anarchismo intuitivo da recuperare e sviluppare) e cosa diventò invece appena le band apripista cominciarono a vendersi al sistema. Diversamente, l’ANARCO-DRUM’N’BASS segna una linea di demarcazione tra ciò che il drum’n’bass è stato fin dall’inizio (sostanzialmente un fenomeno commerciale) e cosa potrebbe invece diventare.
Il drum’n’bass non è mai stato un fenomeno politico o antagonista. Non lo è mai stato in nessuna parte del mondo, sebbene in Italia, nei primi anni in cui arrivò, sia stato un patrimonio sostanzialmente esclusivo dei centri sociali. Ciò accadde perché a metà anni ’90 i centri sociali erano effettivamente un po’ più avanti di tutto il resto, ma sopratutto perché la maggior parte dei locali ebbe una gran paura di non riuscire ad alzare una lira con questo nuovo genere musicale. Le discoteche (e simili) preferirono insomma mantenersi su musiche già largamente collaudate anziché prendere il rischio di proporre cose nuove.
In Inghilterra (dove è nato) il drum’n’bass degli inizi era semplicemente un fenomeno underground. Poi venne fuori come fenomeno commerciale. A differenza del vecchio punk, i suoi produttori non hanno mai suonato per l’anarchia e nemmeno hanno mai finto di farlo anche solo a parole – come invece fecero certi “punk venduti”, che si dicevano contro il sistema pur essendo completamente immersi nel mondo dello spettacolo. I nomi storici della drum’n’bass suonano invece da sempre per il successo personale, tipo fare i dj in giro per il mondo e spassarsela alla grande. Questo vuol dire che da sempre il drum’n’bass, i suoi producer, i suoi promoter, i suoi dj e i suoi fans, fanno effettivamente parte del sistema in tutto e per tutto.
Chiarito tutto ciò, l’Anarco-Drum’n’Bass è lecito solo come contrappeso critico del genere, come sua spinta deviazionista e incendiaria, una sorta di spiraglio musicale sulla possibilità di un futuro migliore, completamente estraneo ai meccanismi del mercato. Se da un lato bisogna quindi riconoscere che non è il drum’n’bass-business a essere sbagliato, ma in un certo senso è invece proprio l’anarco-drum’n’bass a essere *sbagliato*, dall’altro resta però il fatto che l’anarco-drum’n’bass sia incommensurabilmente migliore dal punto di vista umano 😉